Spumante, metodo classico e differenza con il metodo Charmat

Ultimo aggiornamento: 20.04.24

 

Lo spumante è una macro categoria che racchiude vari vini. Questi ultimi possono essere prodotti con due metodi famosi, quello classico o Champenoise e il Martinotti-Charmat. Vediamo insieme tutte le differenze.

 

Cos’è lo spumante e quali sono le caratteristiche che determinano uno champagne e un prosecco? Prima di vedere i metodi di produzione bisogna necessariamente capire le differenze tra queste bevande, per poterle catalogare al meglio. Gli spumanti non sono vini specifici ma con il termine si fa riferimento a tutti i vini che, all’apertura, producono la classica “spuma” grazie all’anidride carbonica creatasi in fase di fermentazione. Non c’è quindi differenza tra Prosecco e spumante semplicemente perché il secondo termine costituisce la macrocategoria in cui il primo si può catalogare.

Tenendo ben presente questi concetti di base, che potrebbero finora essere stati elusivi per i non addetti ai lavori, possiamo dunque passare ai metodi produttivi che danno vita allo champagne o al prosecco.

 

I metodi di produzione

Ne esistono sostanzialmente due: il metodo classico, anche chiamato metodo Champenoise, e quello Charmat, conosciuto anche come metodo Martinotti.

Metodo classico

Il sistema di spumantizzazione Champenoise si basa sulla rifermentazione in bottiglia. Questo sistema nacque in Francia proprio nella regione di Champagne, quella conosciuta per la produzione di questo vino frizzante ricco di bollicine. Il metodo classico nasce grazie a Pierre Pérignon, monaco benedettino del monastero di Hautvillers. Si dice che abbia scoperto la rifermentazione in bottiglia durante un viaggio a Limoux, nella Linguadoca-Rossiglione (precisamente Francia meridionale), tuttavia le fonti in merito non sono estremamente attendibili, risulta quindi ancora oggi molto difficile capire il ruolo giocato da “Dom Pérignon”.

Sebbene alcuni sostengano che Pierre Pérignon fosse un alchimista e che la spumantizzazione fosse il risultato di un esperimento mal riuscito, in realtà potrebbe trattarsi di una semplice aggiunta di zucchero in bottiglia, che rese le prime bottiglie frizzanti grazie a una seconda fermentazione del tutto casuale. A prescindere da quale fu l’evento catalizzatore, Pérignon fu in grado di capire l’importanza della scoperta, migliorandola nel tempo e selezionando attentamente i vigneti del monastero.

Per la spumantizzazione si parte dall’assemblaggio delle uve e questo passaggio permetterà successivamente di stabilire l’annata o meno in etichetta. Se la creazione vede uve di diverse annate, non sarà possibile inserirla nell’etichetta, mentre se queste provengono tutte dalla stessa annata si troverà la dicitura “Millesimato”, seguita dall’anno di vendemmia. Qualora lo champagne sia realizzato da uve bianche sarà un Blanc de blancs, mentre da uve nere si usa il termine Blanc de noirs. Al liquido si aggiungono poi lieviti, zucchero e sali minerali per far sviluppare l’anidride carbonica, necessaria al fine di creare le classiche bollicine.

Il tutto viene poi imbottigliato e chiuso con tappo a corona, facendo riposare le bottiglie in posizione orizzontale per un minimo di un anno e mezzo. Durante l’affinamento i lieviti diventano man mano esausti, quindi è necessario portarli verso l’alto per eseguire la sboccatura, diventa quindi importante la fase di remuage, ovvero far ruotare le bottiglie per portarle lentamente in posizione verticale.

Per rimuovere i lieviti concentratisi attorno al collo della bottiglia bisogna immergere queste ultime in un liquido refrigerante, che congela i lieviti e li blocca attorno alla bidule, un piccolo cilindro in plastica posizionato al di sotto del tappo. Il dégorgement o sboccatura vede una perdita di liquido che dovrà essere reintrodotto successivamente, per compensare prima della chiusura finale della bottiglia si usano vini invecchiati o lo stesso spumante.

Le uve maggiormente utilizzate per creare champagne sono quelle della tradizione francese, come Pinot (nelle sue varianti Bianco, Nero e Meunier) nonché Chardonnay. Al di fuori del territorio francese invece, come in Italia, abbiamo il Verdicchio o il Cortese. È importante anche ricordare che la spumantizzazione può essere chiamata Champenoise solo se eseguita nel territorio di Champagne, gli altri territori che producono spumante simile possono usare esclusivamente la dicitura di “metodo classico”.

 

Metodo Charmat

Se il metodo Champenoise vede la rifermentazione in bottiglia, quello Charmat contempla la rifermentazione in vasche d’acciaio inox. Il brevetto appartiene a Federico Martinotti, che ideò questo sistema nel 1895, tuttavia solo nel 1910 l’attrezzatura necessaria fu costruita da Eugène Charmat. La spumantizzazione è più semplice e valorizza tutte le note aromatiche del vino rispetto allo Champenoise, inoltre le bottiglie realizzate con questa metodologia hanno generalmente un costo inferiore. Si può riconoscere una bottiglia di spumante metodo Charmat anche tramite il colore finale della bevanda, che tende maggiormente al giallo paglierino.

Tra i vini frizzanti più famosi realizzati con il metodo Martinotti-Charmat troviamo il Prosecco, il Lambrusco e l’Asti, tutti vini italiani conosciuti a livello internazionale, ragion per cui all’estero il metodo è anche conosciuto come “metodo italiano”.

Il primo passo è la scelta delle uve, procedimento messo in atto dall’enologo e chiamato in gergo assemblaggio. Successivamente il vino deve essere travasato e stabilizzato prima di passare nelle autoclavi che contengono i lieviti, sali minerali e zuccheri. Questa fermentazione ha una durata di due settimane, massimo 20 giorni, prima di travasare il tutto in un’altra autoclave con sovrapressione, passaggio estremamente importante perché conserva l’anidride carbonica. Al termine della procedura i vini vengono imbottigliati e chiusi con tappi di sughero o quelli di plastica.

A seconda del residuo zuccherino si ha una classificazione differente, avrete sicuramente sentito parlare di Brut, Dry, Extra Dry e così via. Queste denominazioni non sono casuali, partendo dall’Extra brut, il vino ha un residuo zuccherino inferiore a 6 grammi al litro, poi si passa ai Brut, con residuo inferiore a 12 grammi al litro, Extra Dry prevede un residuo tra 12 e 17 grammi al litro, Dry (o Sec) tra 17 e 32 grammi al litro, Demi sec tra 32 e 50 e infine Doux con un residuo superiore a 50 grammi al litro. Naturalmente maggiore sarà il residuo zuccherino e più dolce sarà lo spumante.

 

 

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